
Commercio in valuta locale per i BRICS, un beneficio per la Cina
Nel 2001, Jim O’Neill, allora presidente di Goldman Sachs, coniò il termine BRIC nel suo rapporto “Building Better Global Economic BRICs”. Il rapporto evidenziava il potenziale economico delle quattro economie (Brasile, Russia, India e Cina) e suggeriva di investire in esse. Formalizzato nel 2006, il primo vertice BRIC si è tenuto in Russia nel 2009. Nel 2010, il Sudafrica è stato invitato a unirsi al BRIC, diventando così il BRICS. Nel vertice di Johannesburg, il BRICS si è allargato ad altri sei membri: Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Interesse per i BRICS
Dal 2009, i BRICS hanno tenuto 15 vertici e hanno concordato tre aree di cooperazione: cooperazione politica e di sicurezza, cooperazione finanziaria ed economica e cooperazione culturale e tra i popoli.
Nell’ambito della cooperazione economica e finanziaria, nel 2015 i BRICS hanno istituito la Nuova Banca di Sviluppo (NDB). Lo scopo della banca è stato quello di fornire sostegno finanziario ai mercati emergenti e ai Paesi in via di sviluppo per lo sviluppo delle infrastrutture, lo sviluppo sostenibile e l’equità nella condivisione del potere.
Fino a poco tempo fa, i BRICS non figuravano nel radar dell’Occidente come un potenziale raggruppamento dalle conseguenze significative. Con la pandemia Covid-19 del 2020, che ha sconvolto le catene di approvvigionamento globali, le economie si sono rivolte verso l’interno e i legami/blocchi regionali sono finiti sotto i riflettori. La guerra Russia-Ucraina del 2022 ha mostrato come l’Occidente, e in particolare gli Stati Uniti, possano armare il sistema finanziario esistente contro il Sud globale. Questi due eventi hanno incrinato il già debole ordine globale; questo, a sua volta, ha portato a un rinnovato interesse per i BRICS, che comprendono due delle più grandi economie del mondo: Cina e India.
Commercio in crescita
Tra i numerosi annunci del vertice di Johannesburg, ha attirato l’attenzione dei media la proposta di regolare il commercio internazionale in valute locali. L’obiettivo è quello di sfidare l’egemonia del dollaro statunitense (USD). Uno sguardo al portafoglio prestiti della NDB mostra che il 67% dei prestiti è in USD, seguito dal Renminbi cinese con il 18%.
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