
Svizzera-Africa: le relazioni fra la confederazione e il continente
Se la Confederazione Svizzera continua ad essere coinvolta nel continente, lo è anche per motivi economici e di sicurezza, come dimostra la sua strategia di cooperazione internazionale sviluppata per il 2021-2024.
Naturalmente la Svizzera non ha un passato coloniale in Africa, come ci ricordano i funzionari del governo confederale o i rappresentanti di vari ambienti economici svizzeri. Ciò non le impedisce di aver sviluppato relazioni molto pragmatiche con il continente, che non sempre sono caratterizzate dalla neutralità tradizionalmente riconosciuta al di fuori dei suoi confini.
E quando la diplomazia svizzera fa seguito all’opera dei missionari, partiti alla fine del XIX secolo per contribuire, su propria scala, alla penetrazione europea dell’Africa, è essenzialmente in nome degli interessi economici del Paese, il suo ruolo di “peacemaker” ha anche lo scopo di stabilire relazioni fruttuose con le élite del continente, soprattutto dopo l’indipendenza.
Segreto bancario
Quasi sessant’anni dopo, nulla è veramente cambiato a Berna, che annovera ancora il Sudafrica e la RD Congo tra i suoi partner più importanti come eredità della guerra fredda, quando questi due paesi ferocemente anticomunisti fornivano alle banche svizzere oro e ai commercianti ginevrini materie prime di ogni tipo.
Tuttavia, stanca di essere individuata dalla comunità internazionale o bloccata dalle ONG, negli ultimi dieci anni la Confederazione ha messo in ordine la sua piazza finanziaria e ha accettato di modificare il sacrosanto principio del segreto bancario che le aveva assicurato la sua fortuna.
Analogamente, alla fine del 2018, ha pubblicato una guida alle buone pratiche in termini di rispetto dei diritti umani nel commercio delle risorse naturali. Si tratta di una novità assoluta per un settore con una reputazione talvolta sulfurea, ma gli effetti di questo documento saranno probabilmente ritardati a causa della mancanza di un quadro vincolante.
Agenda sulle politiche migratorie
Se la Svizzera intende ripristinare la propria immagine attuando una nuova strategia di cooperazione internazionale, ovviamente si preoccupa prima di tutto di se stessa.
Il progetto del piano di orientamento 2021-2024 è stato presentato all’inizio di maggio dai rappresentanti del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR), venuti a difendere un approccio definito “innovativo” dal Consigliere federale agli affari esteri Ignazio Cassis, che pone gli “interessi svizzeri” in cima alla lista delle priorità.
Sebbene la Svizzera sia una delle migliori del pianeta, non prevede di spendere più dello 0,45% del suo PNL in aiuti allo sviluppo.
Poiché la principale preoccupazione del Paese è attualmente la sicurezza, questa ridefinizione strategica promuove l’occupazione nel continente, così come la lotta contro i movimenti irregolari e forzati della popolazione.
Tuttavia, anche le componenti della cooperazione internazionale e dell’aiuto allo sviluppo sono chiamate a tenere maggiormente conto dell’agenda svizzera sulle politiche migratorie.
L’Africa è ancora fortunata. Avrebbe potuto sparire dalla lista dei beneficiari, come in America Latina, dove la Confederazione prevede “un graduale disimpegno entro il 2024”. Per migliorare l’efficacia dei suoi aiuti, Berna ridurrà inoltre da 46 a 34 il numero dei paesi prioritari nel mondo classificati dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione [DSC]. Sebbene la Svizzera sia uno dei Paesi più prosperi del mondo, non prevede di spendere più dello 0,45% del suo PNL in aiuti allo sviluppo, ben al di sotto dello 0,7% fissato dall’ONU.
Berna non intende tuttavia ritirarsi da un continente che è chiamato a “svolgere un ruolo chiave nella [sua] strategia”, come confermato da Siri Walt, la nuova “Madame Africa” del DFAE (Min Affari Estrei), in particolare a nome del suo settore privato, sempre più coinvolto nel continente.
Durante il suo primo viaggio nel continente nel gennaio 2019, il consigliere Cassis ha parlato di accordi economici in Sudafrica, poi di cooperazione – in particolare nel settore sanitario – in Zimbabwe, prima di partire in aereo per visitare una miniera di rame di proprietà di Glencore nello Zambia settentrionale. Questo è un riassunto delle priorità della Svizzera nel continente.
Per evitare che le sue società di commercio di risorse naturali siano denunciate dalle ONG, il governo svizzero ha pubblicato una guida alle buone pratiche in materia di diritti umani per l’intero settore alla fine del 2018.
Il primo documento di questo tipo è stato redatto con i principali stakeholder, le aziende stesse, rappresentate per l’occasione dalla Swiss Trading and Shipping Association (STSA), e preparato con l’Istituto londinese per i diritti umani e le imprese (IHRB).
About author
You might also like
Gli accordi bilaterali Russi in Africa
La diplomazia russo-africana, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, è caratterizzata da numerosi accordi bilaterali che devono ancora essere attuati. I documenti ufficiali mostrano che durante il raduno simbolico dei leader
Mozambico, presto un intervento armato della SADAC
La Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC) è pronta ad intervenire militarmente al fianco del governo mozambicano per fermare l’emergente insurrezione islamista mortale nella provincia di Cabo Delgado, nel
La Cina apre la sua prima scuola di partito in Africa
La Cina ha ultimato la sua prima Scuola di Partito Politico in Tanzania, nell’Africa orientale. La scuola ha accolto il primo gruppo di studenti provenienti da sei Paesi africani.Tutte le